(Tratto da Polibio, Storie, a cura di Domenico Musti, Milano, BUR Rizzoli, 2001, libro I)
“2. Quanto sia straordinaria e grande la riflessione intorno al nostro argomento risulterebbe chiaro in massimo grado se confrontassimo e paragonassimo con la supremazia dei Romani i più celebri tra i domìni passati, quelli dei quali gli storici hanno parlato di più. E quelli degni di confronto e paragone sono questi. I Persiani per qualche tempo acquisirono una potenza e un impero notevoli; ma ogni volta che osarono oltrepassare i confini dell’Asia misero in pericolo non solo l’impero, ma se stessi. Gli Spartani, dopo aver lottato per molto tempo per l’egemonia sui Greci, quando infine la acquisirono la conservarono incontrastata per appena dodici anni. I Macedoni dominarono l’Europa dalle coste dell’Adriatico fino all’Istro, che sembrerebbe una parte ridottissima di questa regione; in seguito vi aggiunsero l’impero sull’Asia, dopo aver abbattuto il dominio dei Persiani. E tuttavia costoro, che ebbero fama di signori di moltissimi luoghi e stati, lasciarono ancora una buona parte del mondo in mano altrui. Neanche una volta, infatti, pensarono di competere per la conquista della Sicilia, della Sardegna e della Libia, e, per dirla in breve, nemmeno conoscevano le stirpi più battagliere dei popoli occidentali d’Europa. I Romani, invece, avendo assoggettato non qualche parte, ma quasi tutto il mondo abitato, lasciarono una superiorità nel dominio irresistibile per tutti i contemporanei e insuperabile per i posteri. […] dall’opera risulterà più chiaro comprendere; e allo stesso modo si potrà comprendere anche quanti e quali vantaggi contribuisca a offrire naturalmente il metodo della storiografia pragmatica a coloro che desiderano imparare.
3. Darà inizio alla nostra opera, per quanto riguarda la cronologia, la centoquarantesima Olimpiade, per quanto riguarda invece i fatti, presso i Greci la cosiddetta guerra sociale, la prima che Filippo, figlio di Demetrio e padre di Perseo, condusse insieme agli Achei contro gli Etoli; presso gli abitanti dell’Asia la guerra per la Celesiria, che Antioco e Tolemeo Filipatore combatterono tra loro; in Italia e in Libia quella scoppiata tra Romani e Cartaginesi, che i più chiamano annibalica. Questi avvenimenti sono immediatamente successivi agli ultimi della trattazione di Arato di Sicione. Nelle epoche precedenti a questa, dunque, avveniva che gli eventi del mondo fossero per così dire dispersi, per il fatto che ciascuna delle azioni compiute differiva sia negli inizi, sia nelle conclusioni, sia, allo stesso modo, nei luoghi. A partire da quel periodo, invece, avviene che la storia sia come un tutto organico, e che i fatti di Italia e di Libia si intreccino con quelli d’Asia e di Grecia, e che tendano tutti a un solo fine. Perciò abbiamo fissato in quest’epoca l’inizio della nostra opera. I Romani, infatti, avendo sconfitto i Cartaginesi nella suddetta guerra, e ritenendo di aver compiuto la parte maggiore e decisiva del loro disegno di dominio universale, così sempre allora, per la prima volta, osarono stendere le mani sulle restanti parti del mondo e passare con l’esercito in Grecia e in Asia. Se, dunque, ci fossero familiari e noti gli stati che si contesero l’impero universale, forse non sarebbe necessario che noi scrivessimo sugli avvenimenti precedenti, ossia spinti da quale proposito o forza essi posero mano a tali e tanto grandi imprese. Ma dal momento che né la potenza precedente dello stato dei Romani e die quello dei Cartaginesi né le loro imprese sono accessibili alla conoscenza della maggior parte dei Greci, abbiamo compreso che era necessario premettere alla storia questo libro e quello successivo, affinché nessuno, una volta giunto alla vera e propria esposizione dei fatti, resti nel dubbio, e desideri sapere sulla base di quali progetti o di quali forze e risorse i Romani si accinsero a queste imprese, in virtù delle quali sono diventati ai nostri tempi padroni di tutta la terra e di tutto il mare, ma affinché da questi libri e dall’introduzione che essi contengono sia chiaro ai lettori che contando su risorse assai valide essi si dedicarono al progetto e giunsero al conseguimento dell’impero e del dominio universali.”