(Tratto da Plutarco, Vite parallele, a cura di Carlo Carena, Milano, Mondadori, 1981, vol. 2)
“[Alessandro] Intensificò quindi il processo di adattamento dei propri costumi a quelli locali, e viceversa di attrazione dei costumi locali ai macedoni. Era suo convincimento che meglio della violenza la mescolanza e la fusione avrebbero reso stabile e solida la conquista quando lui si sarebbe trovato lontano dal paese. A tal fine scelse trentamila fanciulli persiani e volle che fossero insegnati loro l’alfabeto e la lingua ellenica, e che fossero avvezzi all’uso delle armi macedoni. Molti furono i maestri che designò a soprintendere alla loro educazione. Perfino le sue nozze con Rossane furono dovute ad amore, nato in lui quando la vide danzare, bella e giovane, durante un simposio; ma parvero inquadrarsi troppo bene con la politica di armonia tra i due popoli, che stava perseguendo. I barbari trassero invero un motivo di fiducia dai vincoli che le nozze crearono tra i due popoli, e si affezionarono straordinariamente ad Alessandro, poiché egli, che era sempre stato molto temperante in materia, non si permise di toccare la donna, l’unica che l’avesse soggiogato, se non dopo aver contratto un regolare matrimonio. Dei suoi amici principali vide che Efestione approvava questa sua condotta e aveva cambiato acconciatura anche lui; Cratero rimaneva invece attaccato agli usi e costumi patri. Perciò trattava coi barbari per il tramite del primo, e con gli Elleni e i Macedoni attraverso il secondo.”